domenica 30 giugno 2013

Nota 05/58

Per un eccellente esempio sulla brutalità della polizia e pure intra-LGBT contro i gruppi queer radicali, vedi Bernstein Sycamore (2004). (Un riassunto di questo testo lo si può trovare online in: http://www.gayshamesf.org/slingshotgayshame.html ).

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[precede] incarnano, nei nostri corpi fisici e nei nostri sè, la mancanza di distinzione tra questi 'due' mondi  immaginati. Nulla è personale che non sia politico. Nulla è politico che non sia personale. Inoltre, vorrei pensare che questa mancanza di differenziazione sia di carattere bisessuale, in quanto segna la caduta di frontiere, una destabilizzazione dei binarismi ed il crollo di un ordine.

Bisognerebbe scrivere una puntualizzazione sul perché sto scrivendo queste storie - che bisognerebbe farne, e che non bisognerebbe farne: questo testo non è qui per parlarvi di un luogo strano, molto molto lontano. Non va esotizzato come il racconto di un movimento bisessuale 'in via di sviluppo' in una parte del mondo 'in via di sviluppo' od 'arretrata', in cui dei 'selvaggi' dalla pelle scura si combattono a vicenda. La richiesta di solidarietà sotto l'ombrello del BDS (o di solidarietà con il movimento bisessuale israeliano) non va intesa come l'appello ad un tutore morale più alto e più bianco. Nè questo testo, nelle sue parti migliori, va inteso come un bersi la propaganda sionista che tinge il paese di rosa presentando Israele come l'amichevole paradiso 'progressista' 'LGBT',così come vuole spacciarsi.
[Nota del traduttore: non c'è bisogno di essere radicali come Shiri Eisner per renders conto che l'"LGBT-friendliness" d'Israele è stata molto esagerata: basta leggere quest'articolo, che si basa su argomenti che parlano anche ad un assimilazonista come il sottoscritto. Amicus Plato [Israel], sed magis amica veritas].
Ciò di cui parla questo testo è la violenza e le difficoltà che tutti noi sperimentiamo nelle nostre comunità. È qui per illumiinare le somiglianze, anziché le differenze - le difficoltà qui descritte non sono uniche, ma esistono ovunque e tutti noi le dovremmo affrontare. [5] Questo testo vuole incoraggiare la responsabilità politica e personale in ognuno di noi, nelle nostre comunità e nei nostri paesi - l'occupazione israeliana non sarebbe potuta esistere senza l'attivo sostegno finanziario e politico datole dagli Stati Uniti d'America, dal Regno Unito e da altri paesi 'occidentali'. Questo testo vuole essere un modello alternativo di attivismo per chiunque voglia iniziare il proprio movimento bisessuale radicale, nella sua propria area. È qui come un'ispirazione per il cambiamento all'interno dell'attuale movimento bisessuale negli Stati Uniti ed in Europa, in termini di prospettive critiche, di ideologia e di metodi di attivismo. Ed infine, è qui per chiunque voglia imparare o studiare su Israele, il suo movimento bisessuale, la sua storia radicale queer, e la lotta queer contro l'occupazione.

Alcune delle esperienze che descrivo in queste storie sono difficili, violente e traumatiche (comprendono descrizioni di violenza fisica, morte e dolore). Se pensate che una di queste storie possa farvi rivivere traumi passati, o mettervi in altro modo a disagio, vi prego di chiedervi  se non sia il caso di leggere quest'articolo (o le sue parti rilevanti - specialmente la settima e l'ottava storia) in un luogo che voi sentite sicuro ed in un momento in cui avete del sostegno emotivo a disposizione se ne sentite il bisogno.


PRIMA STORIA (2006): QUEER-UZIONE


La mia storia inizia in uno dei momenti critici nella storia dell'attivismo queer antioccupazione in Israele, [6] uno che molti di noi ora rammentano come un momento di avvio nelle loro storie personali come attivisti. Era l'estate del 2006. [segue]

venerdì 28 giugno 2013

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[precede] cassa il fatto che bisessuali e transgender non hanno alcun riconoscimento legale o diritto in Israele (al contrario di gay e lesbiche), inoltre cancella e silenzia la violenza intracomunitaria contro di noi - perpetrata non solo perché siamo bisessuali e transgender, ma anche per l'ampio coinvolgimento delle nostre comunità di attivisti nella lotta contro l'occupazione. [3]

Quest'articolo consiste di una sequenza di storie dalla mia storia personale come attivista. [4] La ragione per cui ho scelto di narrare questa storia dalla mia peculiare prospettiva anziché prendere la più 'dignitosa' posizione di una ricercatrice accademica è triplice. Primo, raccontando la storia dal mio personale punto di vista, io disconosco una narrativa dominante, unificata ed unica. Mentre gli eventi che descrivo sono certamente esistiti nello spazio pubblico (e ne sono stati influenzati), io riconosco comunque che alcune persone possono aver esperito gli eventi che descrivo in modi diversi dai miei. Diverse persone hanno inoltre dato diverse interpretazioni ai significati dei medesimi eventi, tra cui interpretazioni diverse dalla mia. Le esperienze e le opinioni variano, e sari riluttante a rivendicare la mia come quella definitiva.

Secondo, dacché viviamo in un mondo patriarcale e maschilista, tutti quanti impariamo ad apprezzare alcuni valori più degli altri: l'obbiettività più della soggettività, l'universale più del personale, il razionale più dell'emozionale. I valori associati con la mascolinità sono socialmente ricompensati con il rispetto, la dignità e lo status, e si dà loro più importanza (dentro e fuori dall'accademia). D'altro canto, i valori associati alla femminilità sono percepiti come manchevoli, indegni e talvolta pure inadatti. Infatti, nell'educata società "occidentale", si disapprova spesso il parlare dei propri sentimenti o della propria vita personale. Certo, questi valori hanno anche una valenza razziale: i primi valori, i mascolini, sono spesso legati alla bianchezza ed all''occidentalità', ed i secondi quelli femminini, alla 'razza' ed alla 'terzomondialità'. È perciò il mio intento sovvertire questi valori usando una narrazione personale ed una scrittura emozionale. Con questo intendo suggerire che le emozioni, la soggettività e le prospettive personali sono centrali per le nostre esperienze come persone e dovrebbero essere rispettate come cruciali per la nostra comprensione del mondo. Sento che rivendicare uno spazio ed incorporare questi valori nel mio scritto sia un atto politico di sovversione femminista ed antirazzista.

Terzo, narrare la storia con i miei occhi porta alla mia comprensione che, come noi femministe amiamo dire, il personale è politico. In questo, non intendo solo dire che le circostanze 'esterne' foggiano e spesso determinano le nostre esperienze vissute, né intendo solo dire che le esperienze nelle nostre vite hanno significati politici - intendo anche suggerire che per molti di noi, che dedichiamo le nostre vite all'attivismo - la separazione tra il 'personale' ed il 'politico', il 'privato' ed il 'pubblico' - è praticamente inesistente. Soffrire violenza fisica da parte della polizia più o meno personale che soffrire violenza a casa? I nostri amici ed amanti toccano i nostri sentimenti più profondamente a letto anziché per strada? La lotta contro le nostre famiglie, i nostri insegnanti ed i nostri pari è più o meno dolorosa, più o meno appassionata, più o meno intima della lotta contro il sistema, il governo e l'eteropatriarcato? Gli attivisti [segue]

Nota 04/58

Dacché è una narrazione personale, capisco che ci potrebbero essere alcune mancanze teoriche per i lettori che non sono familiari con il materiale. Cerco in qualche modo di rimediarvi usando dei piccoli interludi durante il testo, ma le dimensioni di questo lavoro sono insufficienti per rimediare a tutte. Perciò, per tutti coloro che sentono il bisogno di spiegazioni teoriche più approfondite, consiglio caldamente di seguire i riferimenti nelle note a piè di pagina.

Nota 03/58

Per saperne di più del BDS queer, vedi Palestinian Queers for BDS (http://pqbds.wordpress.com) ed Israeli Queers for Palestine (http://israeliqueersforpalestine.wordpress.com).

giovedì 27 giugno 2013

Nota 02/58

Una legge è stata recentemente approvata dalla Knesset [AR, EN, HE, RU] israeliana, che commina varie sanzioni contro chiunque promuova qualsiasi tipo di boicottaggio contro Israele, le sue istituzioni od un qualsiasi luogo al suo interno. Ai sensi di questa legge, scrivendo quest'articolo, potrei essere soggetta a tali sanzioni. Questa è una ragione ulteriore per procedere con il boicottaggio, con la sua promozione e con la lotta contro l'occupazione israeliana e le sue politiche fasciste. Per saperne di più sulle sanzioni del governo israeliano contro la libertà di parola, vedi Coalition of Women for Peace (2010).

Pagina 03/57

[precede] azioni di solidarietà con il popolo palestinese e la lotta non violenta contro l'occupazione israeliana.[2]

Il BDS è un appello fatto da più di 60 accademici palestinesi, federazioni culturali e di altro genere della società civile, sindacati ed organizzazioni (e sostenuto da centinaia di organizzazioni in tutto il mondo), per un boicottaggio completo economico, culturale ed accademico. Il BDS ha tre obbiettivi: terminare l'occupazione e la colonizzazione di tutte le terre arabe occupate da Israele nel giugno 1967, la piena eguaglianza per i cittadini arabo-palestinesi d'Israele, e riconoscere il diritto dei rifugiati palestinesi a tornare alle loro case e proprietà, così come stabilito nella Risoluzione ONU 1948. Il BDS è un movimento nonviolento globale, opposto a tutte le forme di violenza e razzismo (antisemitismo compreso). Ma il BDS non si concentra solo sulla fine dell'occupazione, ma anche nel costruire una società migliore, perciò il BDS appoggia ed è appoggiato da molte organizzazioni queer e femministe, e di altro genere.

Nel lato queer del BDS, noi rimarchiamo il collegamento tra l'occupazione e l'oppressione delle persone palestinesi lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer (LGBTQ) in Israele e Palestina. L'occupazione non distingue tra queer e non-queer - perciò, sotto l'occupazione, alle persone palestinesi LGBTQ si negano perfino i fondamentali diritti umani come la libertà di movimento, le cure mediche, l'istruzione, eccetera. Gli LGBTQ palestinesi che vivono in Israele subiscono politiche di apartheid sistematiche e legalizzate che li discriminano in ogni parte della vita, rendendoli di fatto cittadini di seconda classe (Palestinian Queers for Boycott, Divestment and Sanctions, 2010).

Inoltre, gli LGBTQ palestinesi ed israeliani sono cinicamente usati dal governo e dalla propaganda israeliana per "colorar di rosa" l'immagine pubblica internazionale d'Israele. Il governo d'Israele [AR, EN, HE], attraverso il Ministero del Turismo [EN-UK, HE, IT, ecc.], fa uso della relativa tolleranza verso gli ebrei LGBTQ (specialmente a Tel Aviv) per distrarre l'attenzione dai molti crimini di guerra israeliani compiuti a Gaza, nei territori palestinesi occupati, e nello stesso Israele. Perciò, sulle spalle delle comunità LGBTQ israeliane e palestinesi, la propaganda israeliana può vendere una falsa immagine di Israele come "liberale", "progressista", "paradiso gay", e nel contempo demonizzare le culture arabe medio-orientali e presentarle come intrinsecamente LGBT-fobiche - una nozione islamofoba il cui obbiettivo è dare ulteriore giustificazione ai crimini di guerra israeliani a Gaza e nei territori occupati, così come contro i cittadini palestinesi d'Israele. 

Il dazio del "pinkwashing = colorar di rosa" lo pagano non solo i palestinesi, ma anche le persone ebree LGBTQ, dacché i casi di violenza, discriminazione, molestie e maltrattamenti sono discretamente azzittiti perché non nuocciano all'immagine "progressista" d'Israele. Inoltre, il pinkwashing aiuta il governo a convincere la comunità LGBTQ israeliana che non ha bisogno di ulteriori diriti, e che non ci resta altro da fare che unirci alla loro marca di omonazionalismo nuova di zecca. Da un punto di vista bisessuale e transgender, val la pena inoltre notare che il processo di pinkwashing non solo [segue]

Colophon

Shiri Eisner è un'attivista, scrittrice e ricercatrice femminista bisessuale e genderqueer. Lei risiede a Tel Aviv, Israele, dove gestisce l'organizzazione bisessuale Panorama - Comunità Femminista Bi e Pansessuale, e dove è coinvolta in molte forme di attivismo. Sta scrivendo un libro chiamato Notes for a Bisexual Revolution, che spera possa rivoluzionare la politica bisessuale ovunque. Nel frattempo, lei blogga anche a http://radicalbi.wordpress.com.

Bibliografia

Nota 01/58

Il termine "diritti LGBT" è tra parentesi perché contesto ambo i termini. Spesso trovo che quello che viene chiamato movimento "LGBT" normalmente fa solo gli interessi dei maschi gay cisgender bianchi, creando l'impressione di quello che chiamo il movimento "GGGG". Per quanto riguarda i diritti, la parola punta ad un discorso liberale che si concentra sulla legislazione e l'approvazione governativa, tanto che accetta l'ordine sociale attuale come base per le sue rivendicazioni. Preferisco rivendicare la liberazione, anziché i "diritti" - un cambiamento radicale dell'ordine sociale, tanto che noi siamo tutti liberati dalle attuali strutture di potere (tra cui il governo, l'eteropatriarcato bianco ed il capitalismo).

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Journal of Bisexuality, 12:80–137, 2012
Copyright © Taylor & Francis Group, LLC
ISSN: 1529-9716 print / 1529-9724 online
DOI: 10.1080/15299716.2012.645722

Traduzione: Raffaele Ladu (autorizzata da Shiri Eisner)

Amore, Rabbia e l'Occupazione:
Politica Bisessuale in Israele/Palestina

SHIRI EISNER
Panorama — Comunità Bi e Pansessuale Femminista, Tel Aviv, Israele


Questo testo narra la storia dell'autrice come attivista bisessuale, attraverso essa, anche la storia del movimento bisessuale in Israele fino ad oggi [2012]. Inoltre, il testo cerca di mettere in luce le trame di militarismo, violenza e razzismo nella cultura israeliana, concentrandosi sull'occupazione israeliana della Palestina e del popolo palestinese. Questo intende raggiungere due obbiettivi: primo, decostruire la falsa separazione tra i due campi dei 'diritti LGBT' e dell'attivismo contro la guerra; e, secondo, promuovere i principi del movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), incoraggiando la solidarietà con il popolo palestinese e la lotta non violenta contro l'occupazione israeliana.

PAROLE CHIAVE: storia bisessuale, politica bisessuale, politica bisessuale radicale, anarchia, femminismo, transgender, Israele, Medio Oriente, Palestina, intersezionalità

INTRODUZIONE: CHI SONO E PERCHÈ SCRIVO


Il mio nome è Shiri. Ho 28 anni al momento in cui sto scrivendo questo. Vivo in Israele e da quasi 7 anni sono un'attivista sulle questioni femministe, queer, antioccupazione e dei diritti animali. Da circa 3 anni sono un'attivista bisessuale. Questo articolo racconta la mia storia come attivista bisessuale, ed attraverso essa, spero, anche la storia del movimento bisessuale in Israele finora. Inoltre, spero di mostrare ai miei lettori le trame del militarismo israeliano e la sua cultura di occupazione violenta e razzista della Palestina e del popolo palestinese, che si intrecciano per tutte le nostre vite e tutta la nostra esperienza qui. Con questo spero di ottenere due cose: primo, decostruire la falsa separazione tra i due campi dei "diritti LGBT" [1] e dell'attivismo contro la guerra, enfatizzando i collegamenti tra i gruppi oppressi e le loro lotte; secondo, di promuovere i principi del movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), incoraggiando [segue]

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Scrivete a Shiri Eisner, The Women and Gender Studies Program [EN, HE], Tel Aviv University [EN, HE], PO Box 39040, Tel Aviv [AR, EN, HE], 69978, Israele [AR, EN, FA, HE, RU]. E-mail: bisexual.revolution[chiocciola]gmail.com

Perché questo blog

Dopo aver letto quest'articolo di Monica Pasquino sulla blogger israeliana Shiri Eisner, sono andato a leggere l'articolo Love, Rage and the Occupation: Bisexual Politics in Israel/Palestine, che mi è piaciuto così tanto (ed è piaciuto tanto a mia moglie, parte in causa perché bisessuale dichiarata), che ho deciso di tradurlo per intero, con l'approvazione dell'autrice ricevuta via mail.

L'articolo è lungo 59 pagine, ho un lavoro a tempo pieno e quindi non posso tradurre più di qualche pagina al giorno, e quindi ci vorrà un paio di mesi per finire il lavoro; ho voluto creare questo blog, con un post per ogni pagina dell'originale, per permettere ai lettori di leggere la traduzione via via che viene scritta.

Preciso che non approvo tutte le idee dell'autrice:
  • riconosco con lei che Israele è un paese profondamente razzista, sia verso gli ebrei meno privilegiati (come Shiri Eisner - lei usa il termine "razzializzati", che è molto più appropriato), sia verso i non ebrei - meglio di me spiega tutto Sami Michael qui;
  • concordo che l'occupazione è un grave problema della società israeliana, e che le cose che Shiri Eisner denuncia nell'articolo che io traduco sono vere;
  • non sopporto il pinkwashing, che fa delle persone LGBT dei burattini dell'hasbarah;
  • la sferzante critica che Shiri Eisner fa del movimento LGBT maggioritario (per il quale propone la sigla GGGG, come meglio espressiva della sua identità) ha del fondamento;
  • l'esperienza delle persone bisessuali che conosco mostra che tutto quello che dice Shiri Eisner sulle persone bisessuali, sul trattamento canino che viene loro riservato, e sui loro problemi sociali e di salute è vero.
Però:
  • non intendo abbattere la società capitalistica;
  • penso che l'estensione del matrimonio alle persone non cisgender, non eterosessuali e non eterosessiste, non monosessuali e non monogame, e parificando i diritti ed i doveri di tutti i coniugi sia possibile, già in corso, e finirà con il cambiare profondamente l'istituzione - perciò la feroce critica di Shiri Eisner la intendo come un utile ammonimento a non fare del matrimonio egualitario la caricatura del matrimonio eteronormativo e patriarcale (in America si dice tranquillamente eteropatriarcale), non come una profezia che deve necessariamente avverarsi;
  • sempre a proposito del matrimonio, le persone queer di colore americane (vedi gli articoli di Cathy J. Cohen ed E. Patrick Johnson qui pubblicati) sconsigliano di dare addosso alle istituzioni comunitarie, alle chiese ed alla famiglia - perché la loro omofobia non ha impedito loro di essere "siti di resistenza" per le persone nere, e molte di loro non possono permettersi di farne a meno;
  • un discorso simile vale anche per l'Italia: la famiglia è purtroppo l'istituzione di welfare che funziona meglio in Italia, ed il matrimonio egualitario non è solo una battaglia di principio - è anche un consentire anche alle persone LGBT di accedere a questo tipo di welfare;
  • sempre parlando delle persone di colore in America, esse non mancano mai di ricordare che agli schiavi era vietato il matrimonio (lo era anche nell'antica Roma), per il semplice motivo che sarebbe stato un problema vendere il marito separatamente dalla moglie - e capitava spesso che le madri fossero vendute separatamente dai figli; per le persone di colore negli USA potersi sposare significa essere diventate persone libere e non più schiave; 
  • mi piace Tel Aviv [AR, EN, HE] - ci sono stato molte volte, anche per il mio viaggio di nozze;
  • il 29 Novembre 1947 le Nazioni Unite crearono lo Stato d'Israele con la famosa Risoluzione 181 dell'Assemblea Generale; questo, dal mio punto di vista, è sufficiente per legittimare lo Stato d'Israele;
  • la medesima risoluzione sancì che sarebbe dovuto nascere uno stato arabo accanto ad uno ebraico; mi spiace assai che non sia nato, ed è una lacuna da colmare al più presto, ma questo non invalida la nascita di Israele;
  • l'occupazione non è un motivo per delegittimare lo Stato d'Israele - non più di quanto le pagine vergognose del Risorgimento, il colonialismo ed il fascismo siano motivi per delegittimare lo stato italiano;
  • il BDS lo sostengo solo nei confronti degli insediamenti, non di tutto il paese - e già così è discretamente efficace;
  • Infatti la Direttiva UE (Gazzetta Ufficiale, Haaretz) pubblicata il 19 Luglio 2013 che vieta ogni futuro rapporto preferenziale con le terre occupate da Israele e con gli israeliani che ci vivono ad onta della 4^ Convenzione di Ginevra, Articolo 49 e del 1° Protocollo Aggiuntivo, Articolo 85, Comma 4, Lettera a, ha costretto gli israeliani a tornare al tavolo delle trattative;
  • praticamente nessun israeliano vuole riconoscere ai palestinesi il diritto al ritorno - le ingiustizie perpetrate durante la Guerra d'Indipendenza/Nakba devono essere risarcite in altro modo;
  • codeste ingiustizie, e le successive, non integrano il delitto di genocidio, che ha una formulazione molto restrittiva.
Tutto questo non mi impedisce di riconoscere che Shiri Eisner è un'ottima autrice e caldeggiarne la lettura.

Ecco l'indice della traduzione:
Va precisato che solo nella bibliografia i link sono quelli inseriti dall'autrice (e non se ne garantisce la validità); tutti gli altri sono stati inseriti dal traduttore per chiarire i punti in discussione.

Raffaele Ladu