domenica 28 luglio 2013

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[precede] In quell'incontro feci personale esperienza di tutta questa struttura sociale. Il metodo usato per condurre l'incontro era 'aperto', un metodo che significa che chi parla più forte ottiene il permesso di parlare, ed un metodo per cui chi ha più autorità e privilegi riceve più opportunità di essere udito, nonché di avere le proprie opinioni rispettate ed ascoltate. Parlare è una questione politica. Quando parlano le persone di gruppi emarginati, la gente ci dà meno autorità e meno importanza. Le persone ascoltano meno e rispondono meno. Loro subito svalutano le nostre opinioni come marginali ed ignorano i nostri suggeriimenti. Come risultato di queste esperienze, noi impariamo che quello che abbiamo da dire è meno importante, val meno la pena notarlo, non è altrettanto intelligente e significativo di quello che gli altri hanno da dire. Internalizziamo questo trattamento che ci svaluta ed impariamo a svalutare in anticipo quello che abbiamo da dire. Quando parliamo, dobbiamo rassicurarci mille volte che questo è abbastanza importante da dire, che noi dobbiamo farci sentire. E quando parliamo, incontriamo un'altra volta questo trattamento che ci azzittisce. Questo è quello che significa essere una persona di un gruppo emarginato in ogni contesto che coinvolge persone di gruppi privilegiati, e vale per ogni tipo di emarginazione e privilegio presente, sia esso bisessuale/monosessuale, frocio/etero, transgender/cisgender, genere femminile/genere maschile, bianco/nero, disabile/normoabile, eccetera. Per contrastare questo costrutto, le persone dovrebbero essere consce dei loro privilegi rispetto alle persone dei gruppi emarginati, e fare attenzione allo spazio che ogni persona si prende nella conversazione. Le persone dei gruppi emarginati dovrebbero essere incoraggiate a parlare, e le persone con privilegi dovrebbero stare attente a non prendersi uno spazio sproporzionato nella discussione.

Ovviamente, nulla di questo fu riconosciuto od affrontato nell'incontro che frequentai. Stetti zitta e seduta per gran parte dell'incontro e guardai parlare le persone 'importanti', sentendomi come se non avessi nulla da dire, ed ancor meno opportunità di dirlo. Comunque, ad un certo punto, il 'padrone di casa' (il consigliere del sindaco sulle questioni gay, Yaniv Waizman) scorse tutto il programma del mese del Pride, leggendo ad alta voce i titoli e le descrizioni di ognuno dei party elencati - tutti i party, tranne quello bisessuale. Improvvisamente, c'era qualcosa di importante da dire. Aspettai che lui finisse di parlare, in modo da poter fare un commento sul party (e, magari, fare subito una sottile insinuazione sulla 'piccola' esclusione automatica che era avvenuta). Ma non appena iniziai a parlare, fui ignorata ed interrotta da un altro oratore, un uomo cis gay. L'uomo parlò per 10 minuti, dopodiché tentai di nuovo di parlare, ma fui interrotta di nuovo, questa volta da un'altra persona. Spesi i successivi 20 minuti tentando di parlare, ogni volta iniziando, venendo ignorata e poi interrotta da un'altra persona. Non lo si faceva certo apposta, ovviamente. In quella stanza non mi conosceva nessuno. Però l'intera situazione rendeva chiarissimo che io non ero una delle 'persone importanti' della stanza, non ero parte del gruppo dei capi, il cui compito è parlare ed essere ascoltati. Quando infine riuscii a parlare, le mie notizie del parti ricevettero risposta positiva; [segue]

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