domenica 28 luglio 2013

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[precede] però, quando Waizman guardò il foglio che aveva in mano per vedere che evento aveva 'mancato', lo lesse ad alta voce come "party bisessuale e fun-sessuale" (sbagliando a pronunciare "pansessuale" ["fun" in inglese vuol dire "divertimento" e si pronuncia pressappoco "fan"; l'involontario gioco di parole è nato perché nell'alfabeto ebraico i suoni "p" ed "f" si rendono con la medesima lettera. O conosci le parole, oppure commetti errori ancor più ridicoli di questo]). Questo mi mostrò quanto poco la gente sapeva (o gliene importava) della comunità bisessuale, ad onta di tutte le buone intenzioni che professava.

Trascorsi il resto del mese completamente stressata dal party e dal corteo, un tipo di stress che si sarebbe ripetuto molte volte l'anno successivo, e che era caratteristico del mio attivismo all'epoca. In quel momento, stavo lavorando praticamente da sola, prendendo le decisioni e facendo le cose io soltanto, in genere. Lo facevo perché ero sicura che non c'era nessun altro a farlo oltre a me, e che se non avessi fatto nulla, nulla sarebbe stato fatto (allora era una cosa per me inconcepibile, ed una cosa contro cui continuo a lottare). Ora vedo questo come un'eco dei sentimenti di isolamento che molte persone bisessuali sentono riguardo alla comunità ed anche riguardo all'attiviismo. Vedo questa come una questione politica influenzata dagli effetti dell'omofobia internalizzata, poiché parte degli effetti distruttivi della bifobia su tutti noi è creare una sconnessione ed una separazione tra noi (come bisessuali, come non etero, e come persone), lasciandoci isolati e soli, sovraccarichi di lavoro e rapidi a subire il burn out come attivisti. Inoltre, fare le cose da soli crea uno squilibri di potere, in quanto poche persone hanno il controllo dell'agenda, delle risorse e dell'organizzazione. In questi primi mesi lavorai da sola perché sentivo che non c'era nessun altro con cui lavorare (e per molti versi era vero). Questo mi lasciò stanca e creò una dinamica nella comunità bisessuale in cui, da una parte tutto il duro lavoro cadeva sulle mie spalle, e dall'altra parte gli altri erano strutturalmente impediti ad ottenere il potere.

Oggi mi rendo conto che il lavoro di attivista, per essere sostenibile dev'essere fatto insieme, creando gruppi e comunità in cui ci si aiuti a vicenda e si fornisca sostegno emotivo (e di altro genere). La solidarietà che sperimentiamo attraverso una lotta condivisa è anche un contrattacco alle strutture bifobiche della società che ci isolano l'uno dall'altro ed è un modo rivoluzionario di creare un'alternativa all'alienazione ed alla separazione della società mainstream. Il movimento dei disabili chiama questo "interdipendenza" e rimarca la necessità di collegamenti tra le persone come centrale per creare un attivismo sostenibile. Inoltre, usare questo genere di etica ci consente di sovvertire i valori sociali come l'individualismo ed il bastare a se stessi, che glorificano non solo l'isolamento, ma anche l'essere normoabile. Lavorando con un'etica di interdipendenza, la politica non è più qualcosa da lasciar 'fuori' dalle nostre relazioni e vite personali, l'attivismo non è solo qualcosa che noi 'facciamo', ma anche qualcosa che viviamo. Le nostre vite e le nostre relazioni hanno dei significati politici, e cambiare le nostre vite non è che un modo in più di combattere l'oppressione e suscitare la rivoluzione [Nota 39].

Il MESS-e-BI si tenne l'11 Giugno [2009], alla vigilia del corteo del Pride di Tel Aviv, e fu un enorme successo. Finora, il primo MESS-e-Bi è stato il più grande [segue]

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