martedì 23 luglio 2013

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[precede] Ed ora l’anno era il 2008, ero nel corteo del Pride di Gerusalemme, guardavo i miei amici che parlavano con Elad Livneh, che li invitava ad entrare nel primo gruppo di sostegno e sociale a Tel Aviv. Mi eccitai e mi unii alla conversazione. Mi presentai ad Elad, con cui avevo solo parlato online prima, e gli chiesi del gruppo, chiedendomi come fosse possibile che io non ne sapessi nulla. Mi disse che il gruppo era relativamente nuovo e si incontrava una volta al mese nel nuovo centro LGBT di Tel Aviv [sito, mappa Google]. Fui letteralmente travolta dalla gioia. Era una cosa che avevo atteso per anni.

Ci volle un altro mese prima che finalmente mi presentassi al gruppo per la prima volta, ma quel mese aveva fatto partire un grande cambiamento nella mia vita e nella mia storia di attivista. La prima goccia fu una mail inviata da Elad al gruppo il 30 Giugno 2008. Insieme con i dettagli tecnici sul luogo e l’ora del successivo incontro, c’era anche una richiesta inviata ad Elad da un’attivista bisessuale americana, una donna di cui non avevo mai sentito parlare, chiamata Robyn Ochs [Nota 22]. Robyn stava curando la seconda edizione di un’antologia di testi personali di bisessuali di tutto il mondo, ed aveva chiesto ad Elad di richiedere dei testi alla comunità israeliana. Questo portò a due cose: uno, avevo già letto uno dei miei primi libri sulla bisessualità: Getting Bi (Ochs & Rowley, 2005) [Nota 23]; due, scrissi un testo per la seconda edizione. Quest’ultima azione non fu meno storica per me – fu la mia prima azione da attivista bisessuale, a cui ne seguirono molte altre. Fu anche la mia prima pubblicazione in un libro, che mi eccitò molto.

Il mio saggio fu profondamente influenzato dall’impressione che avevo avuto dal libro quando lo lessi. Non mi piacquero molte cose che ci trovai – insieme con la felicità e l’eccitazione dell’aver finalmente letto un libro che rifletteva alcune mie esperienze e discuteva esplicitamente la bisessualità, trassi molto sconforto dal linguaggio basato sul binarismo dei generi e dalla politica liberale/assimilazionista che trovai nella maggior parte dei saggi. Nel mio testo, cercai di prendere il più possibile le distanze da quel discorso, e lo feci respingendo la parola bisessuale ed identificandomi invece come pansessuale. Il mio saggio identificava il binarismo dei generi e l’assimilazionismo con la parola bisessuale, e faceva della pansessualità una cosa più radicale, più queer ed in generale più evoluta della bisessualità. Queste erano le mie opinioni all’epoca, ed ora le trovo tipiche (di molte parti) del discorso panessuale. Ora riconosco questo tipo di opinione come un’eco della bifobia, che pone la bisessualità come un ‘altro’ oppressivo/privilegiato/apolitico in contrasto con altre identità che sono in qualche modo più naturalmente più sovversive/radicali/politiche – una pratica vecchia e familiare nel linguaggio LGBTQ [Nota 24]. Ora, mentre continuo ad oppormi con forza al linguaggio basato sul binarismo dei generi del discorso bisessuale mainstream ed alle sue inclinazioni liberali/assimilazioniste, io ora pongo questa nozione non nella parola bisessualità, ma nello sviluppo storico del movimento bisessuale negli USA ed in Europa, che ha portato a questo tipo di politica problematica. Detto, questo, finora, ad onta della mia passione e del mio apprezzamento del movimento bisessuale in genere, guardando al mainstream [segue]

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